HABITUS = MENTIS
Questa mostra parte da una suggestione condivisa con gli artisti attorno alla parola “habitus”, comunemente associata a un’attitudine mentale (habitus mentis), ma anche al modo di rappresentarsi, di abitare un luogo, di “vestire” un corpo; “collegamento tra esperienze passate e azioni imminenti” secondo il pensiero del filosofo tedesco Edmund Husserl.
E dunque una postura dinamica che l’artista assume attraverso l’opera che diviene “corpo d’arte”,
luogo dell’opera d’arte, liberamente interpretato nelle opere degli otto artisti in dialogo, secondo la specifica tensione delle loro ricerca tra originali analogie e imprevisti cortocircuiti visivi.
È evidente la centralità della questione del corpo nel suo estendersi oltre l’identità ibrida che si vuole rappresentare, metafora di una tensione, un anelito alla “sacralità” del corpo, questione che attraversa non solo il Novecento, ma tutta la nostra cultura occidentale.
Nel video di Elia Panori un essere androgino, rivestito di pelle trasparente, respira, si plasma secondo le emozioni che gli ambienti evocano e segna il passaggio dalla vita a un “oltre”; la dimensione onirica è veicolata nella pittura di Ariel Soulé ove figure sospese tra tempo e metamorfosi lievitano in uno spazio quasi metafisico; l’opera di Feuei Tola, elaborata da lastre radiografiche, indaga spazi di un’interiorità racchiusa nella rete che costringe e al contempo protegge. Il lavoro di Lucio Perna, sempre improntato alla cultura del progetto, concentra la geometria in emozione; Anna Pennati compone simboli in sequenza visibili nella loro forma solida ma anche eterea, geometrie in un gioco alterno sorrette da un “esoscheletro”, come afferma l’artista stessa. Presenze simboliche del loro tempo, dello spazio che abitano, i manichini, secondo le diverse intuizioni poetiche delle tre artiste, Anna Spagna, Gretel Fehr, Rossella Taffa, evocano corpi sessuati in tensione plastica non privi di una perturbante, raffinata carica erotica.
Un particolare punto di osservazione quello proposto da questa mostra, occasione per riflettere su
come la coesistenza delle diversità di linguaggi si coniuga con la difficile transizione di questo nostro tempo.
Cristina Rossi
Gretel Fehr
Manichino Fluido (2000)
Elia Panori
Il monolite pieno (2021)
L’abito e il suo luogo
L’abito è un’estensione dell’inconscio, in quanto corpo vuoto che si appoggia sul corpo definibile “pieno”.
L’abito si fa parola e diviene un tratto identitario, considerando il pensiero di Lacan per cui là dove è l’anima è il corpo.
Poiché l’inconscio si struttura come un linguaggio, la moda è rappresentazione di questo linguaggio nella struttura soggettiva dell’immaginario, del simbolico e del reale. In queste tre istanze si inscrive anche l’appartenenza allo spazio e al luogo. La persona con il suo corpo-abito e casa si posiziona nel mondo.
La casa è il corpo della madre, dice Freud, ed è anche il corpo del soggetto. La casa dell’inconscio è l’unica che ci appartenga. Le paure del soggetto, i desideri, i ricordi delle case e degli oggetti dell’infanzia continuano ad esistere, a premere per apparire anche quando l’io le reprime. Spesso la casa borghese rivela tra le pieghe questo contenitore di sentimenti, di sogni rappresentabili con ironia e intelligenza. Poiché il sapere della persona si iscrive nella chance di essere continuamente in formazione la casa racconta proprio questo nelle diverse fasi della vita di un individuo. Come fa intendere Barthes, gli oggetti ci regalano un pizzico di eternità perché vivono oltre noi e ci consolano così della morte. Ecco perché noi amiamo il nostro luogo di opere d’arte, gli oggetti che fondano l’eternizzazione.
Mariapia Bobbioni
Anna Pennati
codice 022 - Curva Temporale (2022)
Lucio Perna
Grande Slum (2017)
Riflessioni Habitus=mentis
La parola abito è sostantivo e voce verbale, e nella sua ambiguità suggerisce un oggetto o un’azione. In quanto oggetto è una chiave di lettura interessante del nostro tempo, che delega al corpo e all’outfit il compito di raccontare identità, scelte valoriali e visioni del mondo; in quanto verbo indica l’attitudine di chi occupa uno spazio vitale, personalizzandolo e connotandolo in modo irripetibile e unico. Sul valore del corpo e dell’abito come messaggio e come limite e confine dell’individuo si interrogheranno alcuni tra i protagonisti delle arti visive del secondo Novecento e fino ai nostri giorni: da un lato gli artisti della collezione Spagna Bellora, preziosa raccolta milanese erede della pluriennale esperienza della Galleria Santandrea, del Centro Culturale Bellora e, oggi, della Casa dell’Arte Spagna Bellora; dall’altro artisti di varie generazioni, in un’esplorazione ampia e spregiudicata dei linguaggi e delle modalità espressive del contemporaneo, in un’ottica intergenerazionale e multi-mediale. Attraverso gli artisti esposti (Gretel Fehr, Elia Panori, Anna Pennati, Lucio Perna, Lamberto Pignotti, Ariel Soulé, Anna Spagna, Rossella Taffa e Feuei Tola), si indagherà la valenza espressiva dell’abito e la corporeità come “segno” e parola.
Daniela Vasta
Ariel Soulé
Tangled Affair (2019)
Anna Spagna
Abitare (1986)
Pensieri sul Habitus = mentis
Habitus = mentis =modo di pensare e ragionare conseguente
Habitus, vuole essere una riflessione, un concetto che assume diverse forme e aspetti: nella ricerca di oggetti e spazi che si accumulano per l’incarnazione di un singolo momento.
Habitus, come artista; un modo di dire – di fare, per stare insieme attraverso l’identità di ciascuno di noi.
(Pittura, fotografia, video, performance, ecc.)
Anna Spagna
Rossella Taffa
Frenesia Creativa (2022)
Feuei Tola
La Mitra e il Mitra (2022)
Casa dell'Arte Spagna Bellora
Video di Anna Spagna per la mostra Habitus = mentis, 2022
Video della inaugurazione della mostra Habitus = mentis, alla Casa dell'Arte Spagna Bellora, il 20 ottobre 2022
Video fatto da Niccolò Misrachi
Allestimento della mostra
Foto della inaugurazione alla Casa dell'Arte Spagna Bellora
fotografo: Niccolò Misrachi